LEGGERE STORIE 

Una riflessione di Anna Peiretti sull'importanza del leggere le storie ai bambini 

 

Leggere risponde ad un bisogno inesauribile di scoperta. Attraverso i libri i bambini possono soddisfare bisogni importanti; conoscere se stessi e il mondo, interagire con l'ambiente, avventurarsi in luoghi lontani, avvicinarsi all'ignoto, comprendere la ragione di certi comportamenti, indagare problematiche attuali, rafforzare autonomia e identità. Sono i bisogni interiori a dirigere il comportamento, a guidare le scelte. Il ragazzo cerca letture significative che soddisfino i suoi bisogni interiori. Il libro è uno strumento fondamentale nell'educazione all'interiorità. Ogni storia può essere un'occasione per interrogarsi, e pensare, pensare, pensare… In molte domande dei bambini non c'è solo un'urgenza di avere risposte, ma anche la richiesta silenziosa di essere accompagnati nelle domande.

Quando si conclude la lettura c’è sempre un momento di confronto fra bambini in cui raccontano loro, spontaneamente, quello che ha evocato in loro la storia; non smetterebbero mai…Il processo di acquisizione del senso è complesso… Il bambino può chiedersi se la storia è vera. Quella della corrispondenza realistica dei racconti alla realtà è forse una preoccupazione degli adulti, più che dei bambini. Si ricordi l’aneddoto della storia I TRE LUPI e il dubbio sul fatto che il lupo nuoti realmente o no. La realtà della storia reclama di essere considerata vera. Il criterio è quello della verosimiglianza. L’incredulità è sospesa… (Rif. Bruner). Non è il rapporto con il mondo che regge la storia, ma con i suoi significati simbolici. La narrazione dà accesso – come il gioco simbolico – a un universo simbolico in cui il reale sta per realtà fittizia. Per comprendere il senso di una storia occorre che il bambino abbia capacità di decentramento, di assumere cioè punti di vista diversi dal suo.

La lettura e la narrazione sono vie di accesso alla scrittura.

Bianca Pitzorno, in un suo libro Storia delle mie storie, esprime con chiarezza questa convinzione: «Perché un bambino possa apprezzare i libri, cioè il racconto fatto di parole scritte, è indispensabile che prima abbia raggiunto il livello del gusto della parola parlato, del racconto orale».

Quando il bambino ascolta una storia, in realtà nel suo scrigno interiore ha già raccolto una gran quantità di storie legate a quel tema, a quell'esperienza. In chi ascolta c'è un mondo di storie già immagazzinate rispetto al senso a quella che sta ascoltando in quel momento. Nessuna lettura è un seme che va a piantarsi in un terreno incolto; il bambino è un vivaio di storie in germoglio.

Per esempio quando ho letto a Laura la storia MANGIA I PISELLI! , in cui si narra di una bambina che detesta i piselli e proprio non ne vuoi sapere di mandarli giù, e non cede a nessun ricatto della mamma... lei mi interrompeva per far memoria di tutte le storie che la avevo raccontato, sin dallo svezzamento, a proposito di quel cibo che lei aveva nel piatto e che non voleva assimilare. Storie di cucchiai magici, di spinaci col potere di rendere forti, di pesci finiti nel piatto dopo aver attraversato l'oceano, e storie di mele acquistate da Biancaneve in persona... (Germana, mamma di Laura)

A cinque anni un bambino ha la testa piena di storie! La lettura tocca sempre una esperienza del bambino, in questo caso, il rapporto del bambino con il cibo, e bisogna essere consapevoli che questa è solo l'ultima storia che va a inserirsi un canale, in una corrente. La reazione del bambino che ascolta è determinata da quel flusso di storie che già corre in lui. Ogni lettura ha a che fare dunque con un patrimonio di storie narrate oralmente prima di questa... Questo spiega anche perché sia COS1 divertente da parte dell'adulto sceglie di leggere quella storia a quel bambino, percependola non solo come una storia adatta a lui, ma talvolta sentita come "la storia scritta apposta per lui". Il lettore ha il dovere di leggere "quella" storia a "quel" bambino. Se intendiamo la lettura come un dovere educativo, allora veramente comincia prima, cioè nelle intenzioni educative del genitore, dell'insegnante. La lettura ad alta voce si motiva nella responsabilità educativa che un adulto sente verso il bambino. Non un bambino qualsiasi, ma "quel" bambino, il "mio" bambino che è una persona unica, originale e irripetibile.

Testo verbale e immagine vengono codificata separamene fino ai sei anni; l’immagine prevale sul testo.

Il libro per un bambino è un oggetto reale, da tenere in mano, da toccare, da strappare, da mordere... impara poi a sfogliarne la pagine, ma per lui non ha nessuna importanza tenerlo diritto o al rovescio. Ciò che lo colpisce del libro non è il testo, ma l'illustrazione. Non c'è nessun bisogno che un bambino "impari" a leggere, e guai a cercare questo fine nel proporgli la lettura ad alta voce. Il bambino impara a leggere da solo.

Io preferivo ignorare le righe scritte e continuare nella mia occupazione preferita di fantasticare dentro le figure e nella loro successione. La lettura delle figure senza parole è stata certo per me una scuola di tabulazione, di stilizzazione, di composizione dell'immagine (Calvino).

Le lettura personale di un'illustrazione da parte di un bambino curioso gli fornirà stimoli anche inconsci, non immediatamente percepibili. Quando un'illustrazione è bella, allora si pone a davanti al bambino come un'opera d'arte da ammirare, da decifrare, da guardare con piacere. Si legge un libro con il bambino anche mostrandogli le figure, chiacchierando con lui davanti a quel che si vede. «Guarda qui!», «Lo vedi?., «Questo è…». I colori saranno particolarmente giudicati dal bambino: «Ma l'albero è verde, perché qui è rosso?»

Potere delle storie... Matisse non usava mai i colori con esigenze di realismo! Verranno spontanei molti gesti ed espressioni, sia al bambino che all'adulto. Si potrà approfittare per collegare immagine a parola, scoprendo un mondo meraviglioso in cui ogni cosa ha un nome.

Leo Lionni, un grande pittore che ha illustrato anche libri per bambini, disse: «Quando dipingo, o scolpisco, o disegno, non c'è nessuno spettatore immaginario che mi guarda, ma quando faccio libri per bambini, immagini sempre che ci sia un bambino presente, con il quale devo mantenere una dialettica continua...

Ecco, la dialettica continua di fronte alle illustrazioni è già lettura, è il prima della lettura.

L’immagine funziona come testo. Per decodificarlo si presuppone che il bambino abbia possesso dei meccanismi percettivi (es. riconoscimento figura e sfondo), una conoscenza enciclopedica che permetta il riconoscimento dell’oggetto : la sua denominazione.

Quando leggete ad alta voce una storia al bambino non preoccupatevi che "capisca", perché l'immaginazione viene prima della comprensione. Una mamma non dovrebbe ami spiegare la fiaba al bambino, perché ogni fiaba ha il potere di aprire al bambino le porte del senso che egli troverà in quella narrazione. La mamma potrà condividere con il bambino il suo senso, ma mostrandosi accogliente anche dell'interpretazione che il bambino ne ha dato. Ogni storia ha cinquanta porte, dicevano i rabbini. Leggendo una storia si dona al bambino la possibilità di ricreare luoghi, personaggi... di dare vita a oggetti, di dar voce e sentimenti a figure immaginarie. L'infanzia è il mondo dove l'infinita possibilità dei racconti vengono accolti come merce ordinaria, merce comune. La fantasia è il potere della possibilità: diventa immediatamente cosa concreta nella testa di un bambino, la fantasia ha una incredibile capacità di applicazione nella testa di un bambino, gli adulti hanno necessariamente smarrito nel corso del tempo.

Anna Peiretti

Caporedattore de La Giostra dal 2004 al 2023 è autrice di numerosi libri per bambini.  Impegnata  nella promozione della lettura per i bambini da zero a sei anni e nell'accessibilità ai testi per i bambini con disabilità, collabora con le biblioteche e le scuole.